venerdì 26 ottobre 2007

Around the world

Avevo promesso e mi ero ripromesso di dare ulteriori informazioni riguardo l’allucinante esperienza che è stata quella del viaggio d’andata in treno per Roma. È arrivato dunque il momento di svelare la verità..anche se poi non è successo niente di particolare.Dunque: Il treno è partito, chiaramente, con la sua classica mezzoretta di ritardo, e quando ancora non eravamo giunti all’altezza della stazione di Termini imerese, ho ritenuto più che giusto tirare fuori le 2 meravigliose confezioni di “Castellino”. Vanno premesse le condizioni nelle quali versavano gli scompartimenti immediatamente dopo i primi metri percorsi dal treno: considerando la miriade di molliche, sparse ovunque ed aggiunte alla socievole pellicola di polvere tipica di mezzi del genere, come pressocchè basilare; la metà delle persone presenti era irriconoscibile a causa di una strana nebbia diffusasi nel nostro rotaioviaggiante che rendeva decifrabili esclusivamente le sagome. Dopo avere tentato di impaccare il prelibato nettare degli dei che stringevo tra le mie mani ai miei scarsi compagni di scompartimento con cattivi esiti, prendo la comunistica decisione di condividere il mio bene anche con gli extracomunitari; mi avvio dunque verso il scompartimento nel quale spiccavano le autorevoli figure di Livio e Governale…offrendo incautamente loro da bere. Tralasciando quanto ognuno di loro abbia tenuto in ostaggio il mio meraviglioso vino del futuro, giungo alla notizia arrivatami qualche mezzora dopo. Mi trovavo non so in quale scompartimento, ricordo a stento la presenza di Irene, di Dones di Giulia e di pochi altri…quando arriva costanza (ma potrebbe essere stato anche Torregrossa, giuro che non me lo ricordo) comunicando il rigurgito antifascista dell’eroico compagno Livio che contro ogni imperialista imposizione ha manifestato il suo rifiuto con un atletico lancio di sbocco dalla terza cuccetta in alto a sinistra (e che non si dica che la provocazione è venuta da destra). Fortunatamente Governale, uomo di poche parole e di molti rutti si trovava li vicino a cantare, e raccogliendo tutta la sua forza e anche un bel po di carta sporca di sbocco, è riuscito a liberare (in parte) lo scompartimento da quell’ingombrante-puzzante presenza, ultimando le sue operazioni con la 76esima sigaretta della giornata il cui fumo era indirizzato unicamente verso la chiazza “così almeno la puzza se ne va” (come ha ammesso lui stesso).
Tra canti contesse e conti la serata è proseguita nei migliori dei modi possibili, e se oggi possediamo una testimonianza quasi tangibile di tutto questo lo dobbiamo a Rocco, eroe quasi immobile dell’ultimo scompartimento del vagone, il quale con spirito realista da cineasta di scuola ejzensteiniana, ha ripreso numerosi passi di quest’avventura, partendo dalla pubblicità del vino castellino da me ideata, fino ad arrivare ai momenti salienti del viaggio della più grande delle personalità: Marco Giordano. L’ubriacatura di Marco è qualcosa che passerà alla storia, sia per il carattere autolesionista del gesto sia per le conseguenze scaturitene. Tutto cominciò con un bicchiere di vino rosso versato da non si sa chi, che aggiungendosi a diversi sorsi del mitico castellino, e passando soprattutto per il duro lavoro di Comunismo e Brindisi di Sergio, ha portato al trionfo della via etilica al socialismo. Giordano in preda ad un raptus mistico ha cominciato a benedire le folle, sia quelle presenti sul treno che quelle oceaniche della stazione di Messina, dando vita ad una parabola che vedeva sulla parte ascendente il tasso di alcool nel suo sangue e su quella discendente la sua dignità. Con un pacchetto di patatine a mo di corona e qualche canzoncina da cartone animato, il treno è lentamente sprofondato in un sonno beato dal quale si sarebbe ripreso al grido di caffè (caro e orribile) del simpatico omino della stazione di Napoli.

In attesa della seconda parte del racconto su Roma accontentatevi di questo.
Hasta el Lambrusco siempre!

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